Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] 30kvgc1
Ultimi argomenti attivi
» Ciao a tutti
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyMer Gen 09, 2013 6:59 pm Da raffaele43

» NUOVA SEZIONE AGGIUNTA
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyLun Ott 29, 2012 9:41 pm Da Bot

» Curriculum
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyVen Ott 26, 2012 2:58 pm Da raffaele43

» Mitologia Egizia
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyGio Ott 25, 2012 5:26 pm Da raffaele43

» Mitologia Greca
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyGio Ott 25, 2012 5:05 pm Da raffaele43

» Clementino & Fabri Fibra - La luce
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyGio Ott 25, 2012 4:51 pm Da raffaele43

» Linkin Park - Castle Of Glass
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyGio Ott 25, 2012 4:37 pm Da lucamister

» Presentazione lucamister
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyGio Ott 25, 2012 2:59 pm Da raffaele43

» Che ne pensate del forum?
Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] EmptyMer Ott 24, 2012 6:22 pm Da lucamister


Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA]

Andare in basso

Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA] Empty Giuseppe Garibaldi [BIOGRAFIA]

Messaggio Da miky100 Ven Set 30, 2011 12:12 pm

La giovinezza

Giuseppe Garibaldi nacque a Nizza, città che all'epoca era capoluogo una Contea parte dei domini dei Savoia per sette secoli.
Nizza fece parte del Primo Impero e tornò al Regno di Sardegna dopo che la ricostituitasi Repubblica di Genova venne annessa al Regno di Sardegna senza il suo volere (Congresso di Vienna 18 luglio 1815) e restò sotto il governo dei Savoia fino al 1860.
Giuseppe Garibaldi era il secondogenito di Domenico, capitano di cabotaggio immigrato da Chiavari, e Rosa Raimondi, originaria di Loano. Angelo era il nome di suo fratello maggiore, mentre dopo Giuseppe nacquero altri due maschi, Michele e Felice, e due bambine morte in tenera età.

I genitori avrebbero voluto avviare Giuseppe alla carriera o di avvocato, o di medico o di prete. Ma il figlio amava poco gli studi e prediligeva gli esercizi fisici e la vita di mare, essendo, come lui stesso ebbe a dire, «più amico del divertimento che dello studio». Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, tentò di fuggire per mare verso Genova con alcuni compagni, ma fu fermato e ricondotto a casa. Tuttavia si appassionò all'insegnamento dei suoi primi precettori, soprattutto del signor Arena, reduce delle campagne napoleoniche, che gli impartì lezioni d'italiano e di storia antica. Rimarrà soprattutto affascinato dall'antica Roma.

Convinto il padre a lasciargli seguire la carriera marittima a Genova, fu iscritto nel registro dei mozzi nel 1821. A sedici anni, nel 1824, si imbarcò sulla Costanza, comandata da Angelo Pesante di Sanremo, che Garibaldi avrebbe in seguito descritto come «il migliore capitano di mare». Nel suo primo viaggio si spinse fino a Odessa nel mar Nero e a Taganrog nel mar d'Azov (entrambe ex colonie genovesi), dove si recherà di nuovo nel 1833 ed incontrerà un patriota mazziniano che lo sensibilizzerà alla causa dell'unità d'Italia. Con il padre, l'anno successivo (1825) si diresse a Roma con un carico di vino, per l'approvvigionamento dei pellegrini venuti per il Giubileo indetto da papa Leone XII.

Nel 1827 salpò da Nizza con la Cortese per il mar Nero, ma il bastimento fu assalito dai corsari turchi che depredarono la nave, rubando persino i vestiti dei marinai. Il viaggio comunque continuò, e nell'agosto del 1828 Garibaldi sbarcò dalla Cortese a Costantinopoli, dove sarebbe rimasto fino al 1832 a causa della guerra turco-russa, e dove si integrò nella comunità italiana. Secondo le ricerche compiute dalla sua bisnipote diretta Annita Garibaldi,[1] probabilmente frequentò la casa di Calosso - comandante della cavalleria del Sultano col nome di Rustem Bey - e l'ambiente dei genovesi che storicamente erano insediati nel quartiere di Galata e Pera, e si guadagnò da vivere insegnando italiano, francese e matematica.

Nel febbraio del 1832 gli fu rilasciata la patente di capitano di seconda classe. Subito dopo si reimbarcò con la Clorinda per il mar Nero. Ancora una volta la nave fu presa di mira dai corsari, ma questa volta l'equipaggio accolse gli aggressori a fucilate. Garibaldi fu ferito ad una mano: avrebbe poi ricordato questa scaramuccia come il suo primo combattimento[senza fonte].

Dopo 13 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma già nel marzo 1833 ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di Henri de Saint-Simon che andavano in esilio nella capitale Ottomana. Il loro capo era Emile Barrault, professore di retorica che espose le idee sansimoniane all'equipaggio.

Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole, ma Anita Garibaldi ipotizza che appare probabile che quelle idee non gli giungessero del tutto nuove, fin da quando aveva soggiornato nell'Impero ottomano, luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà.

Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande bisogno di libertà. Lo colpì in particolare Emile Barrault quando affermò:
« Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l'umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe »

(Emile Barrault, frase riportata da Garibaldi a Alexandre Dumas in "Memorie di Giuseppe Garibaldi")

Il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per Taganrog, importante porto russo sul Mar d'Azov. Qui in una locanda, mentre si discuteva, un uomo detto il Credente, che era con ogni probabilità il giornalista e scrittore Giovanni Battista Cuneo, espose a Garibaldi le idee mazziniane.

Le tesi di Giuseppe Mazzini sembrarono a Garibaldi la diretta conseguenza delle idee di Barrault ed egli vide nella lotta per l'Unità d'Italia il momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue Memorie scrisse: «Certo non provò Colombo tanta soddisfazione nella scoperta dell'America, come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».

Nonostante i numerosi atti d'eroismo dei patrioti e la strenua opera di difesa organizzata da Garibaldi, l'enorme superiorità numerica dell'esercito francese e di quello napoletano ebbe alla fine la meglio. Roma cadde e Garibaldi, con i suoi, fu costretto alla fuga, che è passata alla storia come "la trafila", una disperata corsa per mezza Italia nel tentativo di raggiungere Venezia, ultimo baluardo liberale delle insurrezioni del '48, dove la Repubblica di San Marco di Daniele Manin avrebbe tenacemente resistito fino all'agosto del '49 alla riconquista austriaca.

La "trafila" rappresentò una delle pagine più drammatiche e dolorose di tutta l'avventura terrena di Garibaldi. Rimasto solo con Anita incinta e con il fedelissimo "Leggero", braccati com'erano dalla polizia papalina e, ancora una volta, dalle truppe del tenente-feldmaresciallo d'Aspre, che comandava il corpo di occupazione austriaco in Toscana, Garibaldi perse la moglie, che morì nelle paludi delle Valli di Comacchio, spossata dalla fuga e dalla gravidanza.

Al pianto disperato di Garibaldi, che non voleva abbandonare il cadavere della donna, "Leggero" lo avrebbe sollecitato a proseguire la fuga e a mettersi in salvo dicendogli: «Generale, per i vostri figli, per l'Italia...»

Alla fine, Garibaldi riuscì a fuggire entrando nel Granducato di Toscana, il cui confine correva tra Forlì e Castrocaro, giungendo infine in Liguria, nel Regno di Sardegna. Qui venne invitato a non fermarsi ed imbarcato per la Tunisia, dove gli fu impedito di sbarcare e, quindi, momentaneamente alloggiato nell'isola della Maddalena, ospite del sindaco per una ventina di giorni. Il governo piemontese, tuttavia, non vedeva l'ora di sbarazzarsi dell'ingombrante figura di Garibaldi e, sul brigantino da guerra Colombo, lo trasferì a Gibilterra, dove il governatore inglese gli concesse di sbarcare, però intimandogli di ripartire entro 10 giorni.

L'Eroe dei due mondi decise di stabilirsi a Tangeri, accompagnato dagli ufficiali "Leggero" e Luigi Cocelli, accettando l'ospitalità dell'ambasciatore piemontese in Marocco Giovan Battista Carpenetti. Passati lì sei mesi, s'imbarcò per New York (agosto 1850) dove lavorò nella fabbrica di candele di Antonio Meucci. Dopodiché si trasferì in Perù dove cercò un ingaggio come capitano di mare.

Garibaldi tornò in Italia nel 1854. Comprò metà dell'isola di Caprera (isola dell'arcipelago sardo di La Maddalena) con un'eredità di 35 mila lire. Partendo dalla casa di un pastore costruì, insieme a 30 amici, una fattoria.

Si mise a fare il contadino, il fabbro e l'allevatore: possedeva un uliveto con circa 100 alberi d'ulivo, si occupava di un vigneto con cui produceva vino e allevava 150 bovini, 400 polli, 200 capre, 50 maiali e più di 60 asini.

Cinque anni dopo partecipò alla seconda guerra d'indipendenza (maggio-giugno 1859) guidando in una brillante campagna nella Lombardia settentrionale, i Cacciatori delle Alpi. Dopo aver sconfitto gli austriaci nella battaglia di San Fermo occupò la città di Como.
In seguito alla vittoria dei franco-piemontesi sull'esercito austriaco, i piemontesi occuparono militarmente la Legazione delle Romagne . Vittorio Emanuele incaricò Garibaldi di controllare il confine tra il Riminese ed il Pesarese, dove cominciava lo Stato della Chiesa. Garibaldi andò oltre i propri compiti, profondendosi nell'attacco di Marche e Umbria. L'iniziativa era prematura ed improvvida (assente il consenso di Napoleone III) e venne bloccata dal generale Manfredo Fanti. Per evitare di creare imbarazzi al governo torinese, Garibaldi fu convinto a dimettersi dal comando in seconda della Lega dell'Italia Centrale.
miky100
miky100
Utente Gold
Utente Gold

Messaggi : 48
Punti : 5746

Torna in alto Andare in basso

Torna in alto


 
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.